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20 settembre 2009

Napoli, dopo il sequestro dei botti i capi ultrà del San Paolo nel mirino

NAPOLI (20 settembre) - Ce l'hanno con la tessera del tifoso, insofferenti a ogni schedatura, etichetta o possibilità di controllo. Hanno vissuto il proprio ricambio generazionale, ma sono sempre lì: dietro la protesta, pronti a soffiare sul fuoco, a consumare azioni eclatanti. Dopo l’arresto di S. V., il custode del San Paolo che dovrà rispondere domani mattina al gip del possesso di circa duecento chili di esplosivo, l’inchiesta sul tifo violento resta aperta. E va al di là della posizione del custode finito in manette, puntando a capire cosa scuote la galassia di gruppi dentro e fuori le due curve.

Da mesi, la polizia sta monitorando i nuovi leader del tifo organizzato, a partire da un dato di fatto neanche tanto difficile da immaginare: basta poco per far scoppiare la polveriera San Paolo, basta poco per rendere concreto il rischio di scontri, tafferugli e finanche di vere e proprie rivolte. Chi sono i nuovi capi? Chi indossa la maglia da leader? Al centro delle indagini, un gruppetto di pochi elementi, con un lungo passato di militanza nelle file ultrà.

Tre o quattro soggetti, età mediamente alta: 35-40 anni, apparentemente «puliti», gente libera dal «daspo», il divieto di frequentare lo stadio e senza precedenti penali specifici. Tre-quattro leader oggi più che mai sotto i riflettori degli investigatori, anche per i probabili contatti - spesso quotidiani - mantenuti in questi mesi con altri storici agitatori del San Paolo, quelli recentemente condannati al termine di indagini giudiziarie o raggiunti dal divieto di seguire il Napoli sugli spalti.

Stessa scuola di formazione - sono passati dalle Teste Matte al Niss o agitano i Mastiffs - si muovono dalla periferia ovest alla zona del centro storico: non solo Quarto, o i quartieri napoletani di Pianura, Soccavo e Fuorigrotta, ma anche rione Sanità, Montecalvario e, in modo sempre più vistoso, piazza Bellini, vero e proprio centro di raccolta dell’ultima generazione del tifo organizzato.

Difeso dal penalista Giovanni Belleré, V. dal canto suo punta ad abbassare il profilo: fa capire che i botti sono riconducibili a una attività di ambulante (condotta assieme alla moglie), fa capire che lui con il tifo violento non c’entra nulla, che non sa neppure cosa può spingere un teppista a tirare un razzo nel corso della partita del Napoli.

Eppure i segnali registrati finora dalle forze dell’ordine sono tutt’altro che sereni: si parte dall’ultima di campionato al San Paolo della stagione passata, dall’improvvisa decisione del popolo della curva A di lasciare vuoti gli spalti. Una pagina che non è passata inosservata, con la decisione di assegnare il daspo al capo dell’iniziativa, con l’immediato allontamento dagli spalti di uno dei presunti capi della nuova strategia di protesta. Ed è questo il punto di partenza delle indagini: l’ipotesi è che i nuovi leader - quelli con la fedina pulita - prendano ordini o siano a stretto contatto con quelli colpiti negli ultimi due anni da indagini a tutto campo: dalle inchieste sulle tentate estorsioni al calcio Napoli, ai moti di Pianura - con ultrà prestati nella guerriglia antidiscarica -, dall’assalto al rapido Napoli-Roma, al dissenso crescente contro la tessera del tifoso.

Sono le potenziali «buone occasioni» captate in questi mesi dagli uomini della Digos del vicequestore Antonio Sbordone, tanti possibili pretesti per mettere in moto la macchina della violenza e far esplodere la polveriera San Paolo.


Fonte: IL MATTINO

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