⚠️ Abbiamo deciso di abilitare i commenti su tutti i post del Blog, senza alcuna forma di censura. ⚠️

Cerca nel blog

Main Sponsor :

4 settembre 2009

Intervista a Weatherhil: l’inventore della Tessera del Tifoso

Sir Weatherhill ha nel frattempo fatto scattare azioni legali per tutelare il marchio “Tessera del tifoso” da lui depositato. Riportiamo un’interessante intervista apparsa su Toro News:
 
D. Cosa vuol dire essere stato l’inventore della Carta del Tifoso, così imitata e così discussa in queste ultime settimane?
R. Per me è stato come vivere una grande avventura, in cui ho scoperto delle cose che prima immaginavo solamente. Come la grande passione per il calcio, che ancora continua ad animare i tifosi di tutta l’Italia. Non solo i tifosi dei grandi club di serie A o serie B, ma anche quelli della I e II Divisione. E persino quelli dei club dilettantistici. Tutti hanno una grande voglia di partecipazione, di dire la loro sul nostro amato gioco del calcio. Dovunque andavo a presentare l’idea della Carta del Tifoso, trovavo entusiasmo e desiderio di sentirsi uniti sotto la “Dea Eupalla”, come la chiamava il grande e compianto Gianni Brera.

D. La cosa più importante che ha ricavato da questi incontri?
R. Ho pensato che il governo del calcio, il cosiddetto “Palazzo”, poco veramente sa della vita e del retroterra culturale e filosofico dei tifosi.

D. Cioè?
Mi spiego meglio. Anche se per farlo dovrò essere per forza un po’ polemico(cosa che in genere detesto). Io comprendo benissimo le ragioni che hanno portato il ministro Maroni e le forze di polizia, a pensare di utilizzare una tessera per l’ingresso negli stadi. La sicurezza e la salvaguardia dell’incolumità dei tifosi è una cosa importante. Ovvio come le forze di polizia e il ministro Maroni non hanno, e non sono obbligati ad avere, una conoscenza del mondo del tifo organizzato e non. Non è compito loro avere un contatto diretto con le esigenze dei tifosi. Non sono loro a doverle interpretare. Per questo scopo dovrebbe esserci la FGCI, che ha come suo compito principale la gestione e il monitoraggio continuo di tutte le esigenze delle componenti del gioco del calcio. E’ singolare come la FGCI, per bocca del presidente Giancarlo Abete, non abbia detto nessuna parola sull’evidente disagio (ed uso volutamente questa parola eufemistica) che i tifosi stanno avendo verso la Tessera del Tifoso voluta dal Ministero dell’Interno. Come è possibile che il numero uno dello sport del calcio non stia cercando di mediare tra il ministro e i tifosi? Mi vien da pensare che Giancarlo Abete nulla sa degli umori che attraversano coloro senza il quale nulla esisterebbe nel calcio: i tifosi.

D. E’ un po’ duro in questa sua considerazione…
R. No, mi limito solo a registrare dei fatti ai quali sono legate numerose anomalie. Mi chiedo: perché mancare così di rispetto ai tifosi? Sa cosa sono i tanti vituperati ultrà?

D. Credo di averne un’idea…
R. Gli ultrà (tranne, ovviamente, le loro derivazioni più violente) sono i depositari della storia delle loro squadre. Sono loro che tramandano i racconti e le tradizioni che risalgono, in molte situazioni, a quasi un secolo fa. Sono racconti di passione, di colori, di valori. Ha mai visto, in televisione, dove istintivamente i giocatori guardano non appena sbucano dal tunnel che porta sul campo di gioco? Guardano la curva, dove tutto è esplosione di colori e di memoria. Mi lasci dire che questi tifosi, questi ultrà, non meritano di avere la sensazione di essere schedati come dei volgari delinquenti. Questa è gente che fa anche delle grandi opere di volontariato, proprio come tifoserie organizzate. Capisce di cosa stiamo parlando? Io credo che una buona legge, debba per forza partire da valori e criteri condivisi. Non puoi far avere la sensazione al cittadino di subire un’evidente ingiustizia e mancanza di rispetto. Questa sarebbe la morte di qualsiasi forma di affermazione di un diritto. Nemmeno un’esigenza di maggior sicurezza può negare l’affermazione di un diritto.

D. Quindi?
R. Quindi una Carta del Tifoso non può che partire dal tifoso. Sono i tifosi che devono organizzarla, strutturarla, proporne l’utilizzo alle autorità competenti per qualsiasi cosa lo ritengano opportuno: biglietto elettronico compreso. La Carta del Tifoso non deve essere ridotta, come sta succedendo in questi giorni, ad un mero mezzo tecnico di controllo. La Carta del Tifoso deve essere un progetto culturale che investe il mondo del tifo italiano. Che non è fatto, tengo a sottolineare, solo dagli ultrà. E un progetto culturale non può, e questo lo capirebbe anche un bimbo, essere proposto dalle forze dell’ordine. Nonostante io comprenda bene le ansie che il Ministro Maroni e le forze dell’ordine hanno nel gestire ogni domenica l’evento calcio.

D. Dalle sue parole, si sta delineando l’intuizione da dove le è venuta l’idea della sua Carta del Tifoso
R. Infatti. Un’idea viene sempre da un’intuizione. Mi dispiace che molti l’abbiano travisata questa intuizione. Ma mi lasci dire una cosa.

D. Prego.
R. A volte, in questi ultimi giorni, ho pensato di aver perso. Ho ritenuto che avessero preso la mia idea di Carta del Tifoso e l’avessero stravolta, per sempre. Poi ho ragionato e ho capito il grande risultato che comunque ho raggiunto insieme a tutti i tifosi che mi hanno accompagnato in questa avventura. Compresa la Federazione Italiana Sostenitore Squadre di Calcio. La battaglia che ho condotto in tutte le sedi dove ho potuto farlo, ha ottenuto il risultato di preservare i nomi Carta del Tifoso o Tessera del Tifoso. Nessuna squadra di calcio potrà usarli. Questi nomi sono registrati e protetti dalla legge e, come giusto che sia, rimarranno per sempre a disposizione dei tifosi. Solo i tifosi potranno avere, spero un giorno sempre più prossimo, un carta che porti il loro nome nell’intestazione. Fosse stato solo per questo, rifarei tutto quel che ho fatto anche da domani mattina.

D. Noto un senso di tristezza nelle sue parole.
R. Sì, è vero. Penso al grande danno che sta procurando questa tessera del tifoso del Ministero dell’Interno: sta dividendo i tifosi. Le divisioni, qualunque tipo di divisione, arrivano sempre dopo che qualcuno ha avuto molta cura di creare confusione.

D. Si riferisce a qualcuno o qualcosa di preciso?
R. Sicuramente sì. Ma non vorrei qui dare l’impressione di voler gettare facile discredito su qualcuno o qualcosa. Mi limito ad una considerazione, a cui pensavo qualche giorno fa. Il calcio è diventato come Michael Jackson, che forse era “morto” da tempo e aspettava semplicemente un cosiddetto “coraggioso” che gli facesse un’iniezione letale.

D. Un po’ forte come paragone…
R. E’ il paragone che la grave situazione merita. Le sembra normale che molte società di calcio siano fallite, che altre siano sull’orlo del fallimento, che altre ancora siano in mano a delle banche? Per non parlare dei bilanci societari, che sono chiaramente dei porti nelle nebbie. Poi un giorno arriva un tizio che emette una fidejussione falsa, e una società gloriosa fallisce. Perde la sua storia, i suoi sogni, le sue speranze. E questo tizio può far fallire una società di calcio, solo perché ne è il presidente. I tifosi si svegliano un mattino, e trovano i curatori fallimentari davanti agl’armadietti del campo di allenamento della loro squadra del cuore. Rimangono attoniti, sconvolti, arrabbiati. Possiamo fare qualcosa? Si chiedono. Ma dopo qualche istante la risposta diventa scontata e laconica: non possiamo fare niente. Ma è giusto tutto questo? Mi chiedo. Allora, dal giorno dopo, la colpa diventa di tutti e di nessuno. Così succederà quando la tessera del Ministero dell’Interno procurerà ancora più divisioni nel mondo della tifoseria. Mi lasci essere malizioso: a qualcuno forse conviene questo dividi et impera. E non mi riferisco al ministro Maroni, né alle forze dell’ordine.

D. Lei è un fiume in piena, Weatherill.
R. Sono solo amareggiato. Sono anni che lavoro per unire, e si sa quanto sia difficile unire le cose. Poi arriva qualcuno e riesce a distruggere in un attimo quello che faticosamente si è costruito.

D. Ma, ripeto, chi è secondo lei il colpevole?
R. Colpevole è l’ambizione, la voglia di potere. Colpevole è il desiderio di apparire ad ogni costo, di avere posti privilegiati allo stadio. Colpevole è questa voglia di avere a tutti costi una qualunque contiguità con le luci dei riflettori. L’insana voglia di poter dire agl’altri tifosi “io mi sono seduto a cena accanto ad un dirigente di società e al presidente”. La Bibbia dice che ci vuol poco per vendere ciò che ci è più caro per un piatto di lenticchie. I tifosi devono capire che devono ergersi a controparte di queste istituzioni, che hanno portato il calcio ad avere il fiato corto.

D. Cosa ci può dire dei club?
R. I club, sulla vicenda della Carta del Tifoso, hanno raggiunto dei paradossi a dir poco comici. Ho sentito società affermare che vogliono la carta per fidelizzare i loro tifosi. Ma sono matti? I tifosi sono già fidelizzati al loro club! In ogni partita che seguono lo dimostrano! Nemmeno esisterebbero le società se non ci fosse alla base di tutto questa fidelizzazione spontanea dei tifosi ai club per i quali tengono. Ma in quale mondo vivono i dirigenti che fanno queste comiche dichiarazioni?

D. In effetti è un po’ paradossale questa cosa…
R. Sa quale è la realtà? Questi dirigenti di club nemmeno conoscono i loro tifosi. Se ne servono e basta. Non sanno nulla dei bisogni, dei desideri dei tifosi. Ho conosciuto un tifoso milanista di una provincia remota dell’Italia, ormai anziano, che non aveva mai visto una partita a San Siro. Sarebbe stato il suo sogno aver potuto vedere, almeno una volta nella vita, la sua squadra del cuore giocare nel suo palcoscenico. Quasi gli venivano le lacrime agl’occhi mentre me lo raccontava. Non pensa che sarebbe stato bello se per una volta la società Milan si fosse interessata di lui? Se per una volta avesse speso pochi soldi per portarlo a vedere il Milan a San Siro? Ma il Milan, come società, nemmeno sa di queste cose. E come il Milan, tutte le società non sanno. Solo i tifosi sono a conoscenza di queste storie, che sono storie di passione e di amore. Due cose che hanno reso forti e leggendari tutti i “brand” delle squadre di calcio. La mia idea di Carta del Tifoso è sempre stata quella di favorire l’incontro tra tifosi e società. Devono essere i tifosi a organizzarsi, attraverso questo mezzo straordinario che può essere la Carta del Tifoso, per farsi conoscere dalle società. Per partecipare attivamente alla vita della loro squadra del cuore anche a centinaia di chilometri di distanza. Altro che biglietto elettronico e convenzioni per farsi scontare qualche articolo di largo consumo. Stiamo parlando d’amore, vogliamo capirlo o no? E poi stiamo parlando anche di etica.

D. Come, scusi? Etica?
R. L’ho detto in più di un’occasione. La mia idea di carta prevede un codice etico da rispettare, un codice etico che aiuterà a preservare i valori di cui è portatore il gioco del calcio. Valori che, tengo a precisarlo, fanno parte di tutti gli sport. La punizione, come abbiamo visto anche in questi giorni in Inghilterra a proposito di nuovi scontri tra tifoserie, non è mai stata prevenzione. E’ una favola. Ha mai visto nei Paesi dove vige la pena di morte scomparire i crimini? E’ una domanda talmente retorica questa, che anche i bambini ne conoscono la risposta.

D. Cosa ha intenzione di fare ora?
R. Intanto continuerò a cercare di unire i tifosi, specie quelli silenziosi. Quelli che non hanno mai fatto parte di gruppi organizzati. Che sono la maggioranza. Molti di questi mi hanno dato atti di stima commoventi in questi giorni. Molti, addirittura, sono pronti a sottoscrivere la mia Carta del Tifoso, fidandosi ad occhi chiusi del progetto che in essa sarà contenuto. E si fidano perché hanno capito che questa Carta è veramente la loro Carta. Poi cercherò di portare avanti la battaglia in tutte le sedi possibili e immaginabili. E molte tifoserie organizzate sono pronte ad affiancarmi.

D. Lei per chi tifa signor Weatherill?
R. Per il Manchester United! Sa che mi diceva sempre il nostro grande allenatore (e maggiore artefice del mito dei red devils) Matt Busby, indicandomi i tifosi in fila per entrare allo stadio? “Ricordati che il mio stipendio lo pagano loro. Avrò sempre cura di avere rispetto per loro”. Questa lezione di Matt Busby non l’ho più dimenticata.
fabrizio.viscardi@toronews.net
fonte: Toro News

Nessun commento:

Posta un commento

Post più recente

Al Maradona uno striscione per Giulia Tramontano

Nel cuore della festa scudetto del Napoli, allo stadio Maradona, tra i numerosi striscioni esposti dai tifosi, uno si distingue per ricordar...