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23 dicembre 2008

ATALANTA-JUVE: TENSIONE DOPO LA PARTITA, UN ARRESTO

I dieci pullman carichi di tifosi bianconeri che hanno assistito alla partita Atalanta-Juventus hanno lasciato lo stadio di Bergamo intorno alle 18.30. Dopo i tafferugli che hanno preceduto la gara, anche al termine ci sono stati attimi di tensione: intorno alle 17.30 circa 500 ultras nerazzurri, in attesa dei tifosi juventini (quelli arrivati in auto e in treno sono stati fatti uscire a scaglioni dall'impianto, mentre i pullman sono stati scortati dalla polizia fino a destinazione), hanno lanciato alcuni petardi all'indirizzo delle forze dell'ordine. Nel pomeriggio un tifoso atalantino, B.F., 30 anni di Bergamo, è stato arrestato dopo la sassaiola contro la polizia avvenuta intorno alle 13 nei pressi della zona di 'prefiltraggio' dello stadio. Il giovane dovrà rispondere di lesioni, resistenza e lancio di oggetti, come previsto dalla normativa per la sicurezza negli stadi. Due agenti sono rimasti contusi (prognosi di otto e dieci giorni), due mezzi delle forze dell'ordine e cinque autobus sono stati danneggiati dal lancio di sassi prima e dopo la partita.

www.repubblica.it

COMUNICATO UFFICIALE GRADINATA NORD

RD Con le nuove leggi che vietano l'utilizzo di megafoni e
amplificazioni, è diventato molto difficile comunicare con la Gradinata.
Abbiamo deciso quindi di utilizzare questo comunicato per far capire alla gente
che negli ultimi tempi la NORD ha subito un declino, dal punto di vista del
tifo, enorme.
QUESTO PER NOI E' INACCETTABILE!!!
Chi viene nella NORD deve cantare 90 minuti e oltre, aldilà del risultato e
dell'avversario di turno.
Domenica sera, vi chiediamo di non iniziare a cantare 4 ore prima, aspettate
l'inizio della partita e UMILIAMOLI come al solito.
Invitiamo tutti a portare una bandiera rossoblu per poter colorare la Gradinata
nell' unico modo ormai consentito.
Ribadiamo nuovamente, qualora qualcuno non l'avesse capito, il nostro
dissenso al calcio moderno, rovina della vita da stadio.
A questo assurdo decreto non ci vogliamo piegare; per questo non abbiamo
chiesto nè chiederemo mai nessuna autorizzazione per esporre i nostri gloriosi
colori.

NE INTERESSI NE COMPROMESSI

GRADINATA NORD

22 dicembre 2008

COMUNICATO CURVA SUD MILANO

In relazione ai fatti avvenuti in occasione di Juventus-Milan... Ci sembra doveroso spiegare le motivazioni che ci hanno portato a manifestare il nostro dissenso per quanto accaduto, con l’entrata in diretta durante la nota trasmissione “controcampo” di domenica sera, per una pacifica e colorata manifestazione fatta esclusivamente con cori e sciarpe di noi ragazzi appartenenti alla Curva Sud di Milano.
Premessa: in questa stagione la società A.C. Milan ha fatto obbligo (seguendo il dettame del decreto legge sulla sicurezza degli stadi)per i tifosi che intendono seguire le partite del Milan di procurarsi la così comunemente denominata –carta del tifoso- strumento essenziale per poter esercitare il diritto non di prelazione ma semplicemente di acquisto.Tutti noi che seguiamo abitualmente il Milan ne siamo ovviamente forniti, purtroppo però a differenza di quanto si potrebbe credere questa carta NON tutela in nessuna maniera i tifosi che come Noi seguono costantemente il Milan sia in casa che in trasferta. La motivazione è semplice quanto assurda, la società che organizza l’evento sportivo e cioè la società di casa non è tenuta ad accordarsi con la società ospite sulla metodologia di assegnazione dei tagliandi per permettere ai tifosi ospiti di assistere alla partita.

Và da sé che non essendoci nessun tipo di regola generale ogni società ospitante sceglie il mezzo a lei più congegnale per la distribuzione dei biglietti alla tifoseria ospite, ci ritroviamo quindi di volta in volta a dover andare presso la Milan Point, in banca, in tabaccheria ecc… Con evidenti disagi organizzativi per tutti quelli che come noi seguono il Milan. Il tutto poi è sempre vincolato al placet del questore della città ospitante e dai famosi signori che compongono “l’osservatorio” che, ben più di una volta, hanno manifestato palesi lacune sulla conoscenza e la metodologia da applicare per permettere l’organizzazione delle trasferte ai tifosi rei solamente di amare troppo la propria squadra, non volendosi piegare alla logica della poltrona davanti alla tv a pagamento.

In aggiunta per chi che come noi, ha una squadra seguita da milioni di tifosi se da una parte non può che farci piacere, dall’altra (per i milanesi stessi), è del tutto evidente la forte penalizzazione nel caso di un errata distribuzione dei tagliandi messa a disposizione dei tifosi ospiti, infatti andrebbe riservata almeno una quota di questi biglietti, agli Ultras o i gruppi di Milan club organizzati di Milano e provincia e specifichiamo per poi non essere “volutamente fraintesi”, Ultras e Milan club residenti a Milano e provincia con paritetici diritti e non quindi agli Ultras và riservata una quota a parte rispetto ai Milan club di Milano e provincia!

Spiegata sommariamente l’assurda condizione in cui ci troviamo, la Società Juventus mette in vendita i tagliandi per i tifosi ospiti in maniera paritetica su tutto il territorio nazionale e solo un giorno prima! Và da sé che alla fine non Milano ma addirittura l’intera Lombardia risulti essere tra le regioni che riuscirà ad acquisire meno tagliandi.

Nonostante questo decidiamo di organizzare la trasferta lo stesso, anche in virtù del fatto che, veniamo a conoscenza della possibilità di acquisire in loco i tagliandi per i ragazzi che non erano riusciti a procurarseli “in tempo”. Quindi non partiamo sprovvisti di biglietto sapendo di non poterli poi acquistare ma l’esatto contrario. Arrivati alla barriera di Torino, nonostante avessimo ampiamente dimostrato agli agenti preposti al controllo dei tifosi che eravamo in grado di poter procedere al regolare acquisto del tagliando perché muniti sia del denaro necessario (ovviamente), che della tessera del tifoso, dopo più di 3 ore ci dicono che non sarebbe comunque stato per noi possibile procedere oltre e cioè verso lo stadio per un non precisato ordine imposto, giocato su uno scarica barile generale, tra questura di Torino, di Roma, l’Osservatorio ecc… Nessuno può vietare ad un cittadino italiano di percorrere il proprio territorio nazionale salvo gravi motivi che potrebbero far insorgere problemi di ordine pubblico. Però questa ordinanza non risultava emanata nè dal questore o nè dal Ministero degli interni. Nel tornare indietro noi ragazzi della Curva Sud abbiamo deciso di inscenare una protesta pacifica per l’assurdo comportamento che ormai da troppo tempo stiamo subendo noi e tutte le tifoserie organizzate, veri e propri soprusi che ledono il principio fondamentale di ogni democrazia e cioè: la Libertà! Presentati di sorpresa durante la trasmissione, abbiamo per qualche secondo intonato un coro: “Dove sono i nostri biglietti?” Il conduttore e giornalista Alberto Brandi dopo averci redarguito dicendoci che non era questa la maniera di manifestare (perché non era ovviamente stata concordata), durante lo stacco pubblicitario mandato apposta per capire cosa stesse succedendo, constatata la nostra intenzione di chiedere una sensibilizzazione sul problema delle tifoserie organizzate, si è detto disponibile ad incontraci per riuscire a creare un momento di discussione e di approfondimento di questa tematica. Di questo ovviamente lo ringraziamo anche perché ha poi ribadito pubblicamente a trasmissione ripresa, che non vi è stata né nei toni né nei modi un comportamento minaccioso o violento. Attendiamo dal dott. Brandi quanto prima una convocazione per poter dare voce a milioni di tifosi che, come noi settimanalmente, vivono questa assurdità creata solo per poter disincentivare la parte sana del calcio che siamo noi tifosi. Vogliono disincentivare la frequentazione dello stadio, dei tifosi ospiti per obbligarli a vivere lo spettacolo in maniera passiva davanti alla televisione, tradendo quella passione che ci lega e ci fa vivere sempre al fianco della nostra squadra del cuore.

Voi ci volete seduti comodamente in poltrona, davanti ad una tv a pagamento, abbandonando la sua genuina origine di realtà sociale, aggregativa e popolare che è il fenomeno della tifoseria organizzata l’unica ancora libera dai condizionamenti e base di spontanea aggregazione sociale specialmente giovanile.

Consentiteci di dire a questi “Signori”: NON CI AVRETE MAI COME VOLETE VOI!

20 dicembre 2008

Assemblea Pubblica nella Sud dopo Doria - Fiorentina

Prima del match contro il Siviglia, la tifoseria organizzata, tramite volantinaggio, ha comunicato lo svolgimento di un'assemblea pubblica all'interno della gradinata sud dopo la conclusione della gara casalinga contro la Fiorentina.

Ecco il comunicato ufficiale: "Il 2008 sta finendo, è il momento di tirare le somme, sulla realtà che stiamo vivendo a livello di tifoseria e fare chiarezza su quali saranno le battaglie che dovremo essere pronti ad affrotnare il prossimo anno. Per questo e ancora una volta, per fare quadrato. Assemblea Pubblica in Gradinata Sud al termine di Sampdoria - Fiorentina. I Gruppi della Sud".


Fonte: www.sampdorianews.net

17 dicembre 2008

Controcampo, invasione in diretta tivù arrestato un ultrà del Milan

Controcampo, invasione in diretta tivù arrestato un ultrà del Milan, tre denunce Ma sono i tifosi tranquilli a disertare gli stadi

Un centinaio di tifosi milanisti - sembra, in polemica con la loro società per il "caro biglietti" - erano riusciti a entrare negli studi di Cologno Monzese, nonostante il tentativo di intervento delle guardie giurate


Un arresto per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, tre denunce a piede libero. E' il primo bilancio dell'invasione dello studio di Controcampo, la trasmissione calcistica di Mediaset, avvenuta domenica poco prima di mezzanotte. Un centinaio di tifosi milanisti - sembra, in polemica con la loro società per il "caro biglietti" - sono riusciti a entrare negli studi di Cologno Monzese, nonostante il tentativo di intervento delle guardie giurate. Entrati nello studio della trasmissione al grido di "Dove sono i biglietti", hanno spaventato i presenti, tanto che il conduttore Alberto Brandi ha fatto mandare in onda la pubblicità.

Alla ripresa della diretta non c'era più traccia in studio del gruppo di tifosi: molti erano già fuggiti, una ventina di loro, però, ha deciso di sfidare i carabinieri con un lancio di sassi. Un militare è stato colpito in volto, in ospedale gli hanno suturato la ferita con quindici punti. Di tutti gli scalmanati, alla fine ne sono rimasti solo quattro: tre sono stati denunciati per l'invasione dello studio, il quarto, M. R., 24 anni, è stato arrestato. Due anni fa era stato sanzionato con il Daspo, il provvedimento di allontanamento dagli stadi per i tifosi violenti: processato per direttissima al tribunale di Monza, ha patteggiato una condanna a otto mesi.


Fonte: "La Repubblica"

13 dicembre 2008

Io sto con Zamparini!

I tifosi del Palermo si schierano al fianco del presidente Maurizio Zamparini per protestare contro i "numerosi errori arbitrali" subìti in maniera "scientifica", dalla squadra di Ballardini. Domenica prossima al Barbera nella sfida casalinga contro il Siena i tifosi indosseranno delle magliette con la scritta 'Io sto con Zamparini', che saranno distribuite nelle curve. Un'altra idea è quella dei fazzoletti bianchi 'alla spagnola', sventolati in segno di protesta verso la classe arbitrale. Ma c'è anche una petizione da firmare su tutti i siti dei tifosi rosanero e una lettera da inviare al designatore Collina.

repubblica.it

11 dicembre 2008

Tifoso della fiorentina infiltrato...

Riceviamo e pubblichiamo

Vivo a Roma e tifo Fiorentina(a proposito: forza viola!). La sfida Lazio Fiorentina (turno infrasettimanale) non prevedeva la vendita di biglietti per il settore ospiti al di fuori dei patrii confini di Firenze 
Su consiglio di un amico (che saluto, so che mi sta guardando) ho acquistato un biglietto per il settore Sud, adiacente a quello in cui sarebbero stati confinati i miei compagni di ventura (con la S iniziale, visto l’esito del match), convinto che ai tornelli gli addetti al servizio, mi avrebbero concesso di raggiungere “la stanza degli ospiti”: l’accento toscano avrebbe garantito per la fede che osservo.
Dopo alcuni vani tentativi andati a vuoto con alcuni di loro (nel pieno di uno spleen autunnale che donava loro un’espressione malinconica ma ottusa) mi sono rivolto a un commissario di Polizia che mi ha ribadito, palese: non avrai altro settori all’infuori del Sud!
Quando ho accennato al rischio per la mia incolumità, nell’eventualità di un gol metti al noventesimo della Fiorentina, in cui sarebbe stato difficile trattenere l’esultanza, mi ha risposto con una certa sufficienza: “Ma no… sono tutti dei bravi ragazzi.”
La riposta sapeva di battuta inopportuna ed equivale a “chi cazzo se ne frega!”. Ma la sorte mi ha voluto bene quella sera: la Fiorentina ha perso 3a0 e mi sono mimetizzato tranquillamente tra la gente festante (scomparendo sotto le seggiole a ogni gol della Lazio); e fortuna ha voluto che al poliziotto non fosse scappata la battuta “Tanto la Fiorentina oggi perde” perché forse a quest’ora non potrei commentare questo blog (da un carcere in isolamento la vedo un pò difficile).

Manganelli: rigore su tifosi per stadi piu’ pieni

“Non prendiamo misure di rigore per il gusto di privare lo sport del suo pubblico, ma per consentire alle manifestazioni sportive di svolgersi e permettere alla gente di andare allo stadio più numerosa e serena”. Ha risposto così il capo della polizia Antonio Manganelli a chi gli chiedeva di commentare le critiche arrivate dal mondo del calcio alle limitazioni agli ingressi dei tifosi negli stadi decise dal Comitato di analisi sulla sicurezza delle manifestazioni sportive (Casms), in base alle indicazioni dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive. “I provvedimenti di rigore – ha spiegato Manganelli, a margine del primo raduno degli atleti delle Fiamme Oro – sono funzionali all’affermazione della non violenza”. Il capo dela polizia ha quindi auspicato “la diffusione della tessera del tifoso”. (ANSA).
Evitando di cadere in facile ironia in merito al cognome del capo della Polizia, Manganelli, vorremmo proporre qualche spunto di riflessione. Non ci sembra che gli stadi siano pieni, anzi. Se Galliani e Matarrese si lamentano sarà perche non hanno più gli incassi di un tempo. Come mai? Presto detto!

1. Spesso le tifoserie ospiti sono “limitate” se non addirittura bandite.

2. Quando è loro concesso di andare in trasferta,  i tifosi che risiedono in una provincia diversa da quella della propria squadra sono impossibilitati o quasi ad acquistare il biglietto del settore ospiti, salvo prenderlo nel luogo dell’evento la domenica mattina mischiandosi ai supporters di casa, tutto ciò non favorisce certo la serenità sugli spalti. Situazioni del genere non se ne vedevano dagli anni ’60…( l’ultimo caso domenica a Lecce:  putiferio  in curva sud, abbonati  letteralmente cacciati da tifosi juventini giunti da province diverse da Torino

3. Capitolo tifosi di casa: se la partita è a rischio la vendita dei biglietti è riservato ai residenti della provincia. Ora è facile immaginare quanto possano essere penalizzati i grandi club che hanno tifosi sparsi in tutta Italia, ma è altresì palese il fatto che la residenza non possa essere una discriminante collegata alla fede calcistica e da qui le assurdità dei casi simili a Lazio-Napoli (Olimpico pieno di napoletani ma residenti a Roma, laziali doc ma delle province limitrofe davanti alla Tv).

4. La tessera del tifoso, non piace nemmeno ai club figuriamoci ai tifosi ed è palesemente solo una schedatura collettiva.

Dottor Manganelli ci permetta : i provvedimenti di rigore, in questo caso, sono un grosso errore arbitrale!

fonte: ANSA

10 dicembre 2008

Aquile in gabbia!

“Il calcio è pura passione popolare e i derby rappresentano il culmine di tale sentimento. Purtroppo iniqui decreti e anticostituzionali divieti impediscono alle tifoserie di confrontarsi onorevolmente e di sostenere i propri colori. Tale gesto vuole goliardicamente dimostrare che non c’e’ divieto che possa impedire alla passione di volare. Per tutti i diffidati d’Italia e per tutti gli assenti forzati.”
Ultras Catanzaro 1973
Questo il testo dei volantini lanciati dagli UC’73, in volo, sullo stadio San Vito di Cosenza. Parole che sottoscriviamo in pieno, un gesto ardito compiuto in nome di  un sentimento condivisio da tutti, a prescindere dall’appartenenza e dal campanilismo: la passione!
La risposta delle istituzioni non s’è fatta attendere: i tre sono stati tratti in arresto dalle forze dell’ordine, con l’accusa di turbativa di ordine pubblico. Da verificare poi se il divieto di sorvolare zone affollate sia da ritenersi applicabile anche nei confronti degli ultraleggeri, in questo caso ultras leggeri…

9 dicembre 2008

Cosenza – Catanzaro : dove osano le aquile.

COSENZA (8 dicembre) – Costretti a disertare lo stadio per decisione del Casm, che ha fatto disputare il derby di seconda divisione Lega pro Cosenza-Catanzaro (finito 0-0) senza tifosi ospiti, tre catanzaresi hanno voluto ugualmente stare vicini alla squadra e per farlo hanno sorvolato lo stadio San Vito con altrettanti ultraleggeri e gettando in campo una sciarpa giallorossa. I tre sono stati però fermati dalla polizia e portati in Questura per l’identificazione e la loro posizione è ora al vaglio degli investigatori.

Una legge, infatti, vieta il sorvolo di luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, ma il mezzo utilizzato (un ultraleggero) rende necessario capire se la norma sia applicabile anche a questi velivoli dotati di motore e di una vela per il volo ma senza struttura metallica.
Il «volo» è avvenuto nell’intervallo della gara. I tre, con le vele gialle e rosse, sono passati sopra lo stadio e giunti sulla perpendicolare del centrocampo uno di loro ha fatto cadere una sciarpa, mentre gli altri due avevano uno striscione con la scritta «le aquile vi sovrastano sempre».
Quindi si sono allontanati. La polizia li ha seguiti raggiungendoli in un campo nelle vicinanze dello stadio dove sono atterrati e prevenendo anche un eventuale intervento dei tifosi cosentini. I tre sono stati portati in Questura per l’identificazione.

Un’azione d’annunziana da parte dei supporters catanzaresi, davvero l’immaginazione non ha confini.
Le giovani generazioni di cosentini e catanzaresi non avevano mai assistito ad un derby. Hanno sognato questa partita per un ventennio, hanno vissuto questa sfida solo nei racconti dei vecchi della curva. Erano diciannove anni che le due squadre non si affronatavano e questa attesa è stata delusa dal divieto di trasferta inflitto alla tifoseria catanzarese.
La curva cosentina ha comunque onorato il derby con grandi coreografie a cui si aggiunge quel  lampo giallorosso che ha  simbolicamente squarciato il  grigio cielo del calcio italiano, oscurato da leggi speciali e provvedimenti ottusi. Il volo delle aquile ha restituito a Cosenza e Catanzaro il vero derby, onore a voi!

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=37517&sez=LEALTRE

3 dicembre 2008

Ultras e stato di polizia.

In Italia certe parole diventano puntualmente il simbolo paradigmatico di interi fenomeni. Si dice “il movimento” e si pensa subito agli studenti in lotta. Si usa l’aggettivo “estrema” vicino alla parola sinistra o destra, e il pensiero va subito a fazioni border-line che si muovono a metà strada fra il sistema democratico e l’eversione. Si parla del terrorismo internazionale e, in linea con l’equazione tanto cara a George W. Bush, se ne fa un tutt’uno con la religione islamica come se tutti i seguaci di Maometto fossero aspiranti uomini bomba. E poi, nel Belpaese angosciato dalla poca sicurezza e dalle mille emergenze quotidiane raccontate dai media, c’è una parola che adombra un pericolo costante: ultrà o ultras e subito la mente viene portata a teppismo, furti, devastazioni, guerriglia urbana. È proprio da qui, dall’accezione della parola “tifoso” in Italia, che bisogna partire per capire il motivo dell’interesse per il mondo delle curve.
Sgombriamo subito il campo da un equivoco: gli ultras non sono una categoria, e ultras non è un’etichetta che si può affibbiare tout court a chiunque entri dentro un impianto sportivo per sostenere la propria squadra. Gli ultras non sono assimilabili a categorie sociali come quelle degli operai, degli studenti, degli ingegneri o chissà cos’altro. Il tifoso, l’ultras, l’ultrà è solo uno qualsiasi di noi che mostra un attaccamento estremo, radicale alla propria squadra, alla propria città, ai proprio colori. E ovviamente tutto questo non significa che si tratti di una persona necessariamente violenta e pericolosa. L’ultras è il nostro vicino di casa, è l’operaio, l’avvocato, il giornalista, lo studente, il disoccupato, il papà, l’autista. Per dirla con un luogo comune, è l’uomo della porta accanto.
Allora, evidentemente, c’è qualcosa che non va. Se ultras lo può essere anche un libero professionista, l’accezione corrente è sbagliata. Forse, o probabilmente, è sbagliata in mala fede. E più avanti ne scopriremo anche il motivo. Di fatto, però, agli occhi della classica casalinga di Voghera avere una passione per la propria squadra appare un demerito. E quando magari scopre che il “bravo ragazzo” che conosce da anni è un tifoso radicale, cambi immediatamente la sua valutazione. Non è più così “bravo”. È una specie di delinquente a piede libero, che chissà cosa combina o cosa potrebbe combinare. Non lo ripete, sempre, anche la televisione?
Ecco fatto: il tam tam mediatico ha funzionato, il lavaggio del cervello è andato a segno. Proprio perché il mondo delle curve è stato dipinto come un luogo infernale popolato da reietti della società, l’ultras si ritrova a calamitare su di sé tutto il peggio, prestandosi inconsapevolmente a una strumentalizzazione continua. Che, come vedremo meglio più avanti, ha diverse manifestazioni e differenti scopi, di maggiore o minore portata, a breve o a lungo termine.

All’inizio della scala c’è la manipolazione spicciola, quella che è stata ben definita, anche in altri ambiti, “arma di distrazione di massa”. Per esempio: l’uso del tifo organizzato per non soffermarsi su altro, come nel caso della farsa mediatica dei tifosi napoletani in trasferta a Roma per la prima giornata di campionato, coi disordini gonfiati ad arte per monopolizzare l’attenzione e mettere in ombra l’avvio (si fa per dire, visto l’immediato rinvio per irregolarità procedurali) del processo per l’omicidio di Gabriele Sandri da parte dell’agente di polizia Luigi Spaccarotella.
A un livello ben più alto c’è invece l’utilizzo degli ultras come pretesto per assumer provvedimenti di carattere generale, che investono o si preparano a investire l’intera società. Il processo mediatico e la condanna morale degli ultras che divengono, per dirla in termini giuridici, il “precedente” su cui basare leggi liberticide, anti-costituzionali e, addirittura, contro il senso comune. Una sorta di laboratorio in cui si cominciano a sperimentare le dinamiche autoritarie del Grande Fratello, giustificando in nome dell’ordine pubblico lo Stato di polizia e il controllo su tutto e tutti. Un esperimento che, essendo fatto innanzitutto sulla pelle della “peggio gioventù”, non alza polveroni e lascia mano libera, permettendo operazioni sotterranee che in seguito, però, potranno andare a colpire qualunque altro segmento della società.

Le leggi speciali che diventano la normalità

Ogni volta che si sente parlare di “leggi speciali”, soprattutto qui in Italia, bisognerebbe subito diffidare. Un provvedimento speciale, infatti, dovrebbe non solo essere legato a eventi particolari e di estrema gravità, ma restare comunque una misura eccezionale e temporanea, che viene abrogata non appena si è usciti dalla fase di massimo pericolo. Ma non è così. Un
esempio su tutti? Le leggi speciali approvate durante gli anni di piombo. Trenta anni dopo sono ancora vive e vegete. E soprattutto attivissime. Eppure, fortunatamente, per le strade della nostra nazione non ci si spara più per ragioni politiche. Non ci sono più attentati e agguati reciproci.
Ancora oggi, però, esistono divisioni della polizia politica che hanno sostanzialmente mano libera nel colpire chiunque non abbia posizioni moderate. Ci sono leggi che colpiscono esclusivamente le idee o i simboli. Ci sono, ancora, normative che danno carta bianca allo Stato nel controllare il cittadino.

La grande leva della paura

Entrati nel Terzo Millennio, per giustificare il controllo globale ci siamo trovati davanti a una vera e propria campagna mediatica mirata a instillare nei cittadini la paura, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Paura del terrorismo. Paura delle epidemie e delle nuove malattie. Paura del vicino di casa. Paura di camminare per la strada. Come è stato possibile tutto ciò? Semplice: continui richiami in televisione ad assassinii, a morti improvvise, a stupri, a rapine. Tutti modi per inculcare nella testa di ogni bravo cittadino l’idea, e il bisogno, di maggiore sicurezza, da ottenere a qualsiasi costo. Più controllo, più ordine. Nelle nostre strade, oggi, vediamo le mimetiche verdi dell’esercito. Ma forse è quello che non vediamo, la parte più preoccupante. E qui si torna ai famigerati ultras.
Come abbiamo già detto, i provvedimenti speciali hanno come incubatore preferito il mondo delle curve, quel mondo che difficilmente qualche politico o qualche istituzione pubblica difenderà mai. Ogni governo che è rimasto per più di qualche mese a Palazzo Chigi ha colpito il mondo del tifo. La prima operazione è stata la destrutturazione: colpire il tifo organizzato, gli esponenti dei gruppi, quelli che ogni settimana mettevano in piedi una macchina organizzativa fatta di riunioni, appuntamenti, coreografie, stadio. In pratica, si è incominciato a criminalizzare quelli che stavano dietro uno striscione specifico, che si prestava alla strumentalizzazione. Ecco le diffide, ecco le perquisizioni preventive. Siccome domani tu potresti fare chissà che cosa, io intanto stanotte vengo a casa tua, ti metto a soqquadro l’abitazione e ti faccio capire che è meglio stare attento. Oppure, io polizia ho una lista di nomi di persone che sono andate in trasferta in un certo posto, qualcuno ha creato problemi, e allora cosa faccio? Io Stato “diffido” tutti. La diffida, ovvero il Daspo, acronimo di “divieto di accedere a manifestazioni sportive”, esiste dal 1989.
Di cosa sia, di come venga usato, e del suo stesso fondato sospetto di incostituzionalità, parliamo diffusamente nell’intervista che segue, con l’avvocato Lorenzo Contucci. Basti dire, qui, che la diffida è un’arma con cui è stato colpito senza remore o distinzioni il mondo degli stadi. Uno strumento messo in mano alle questure e lasciato al loro libero arbitrio.
Le questure hanno carta bianca nel colpire chiunque. E se domani lo stesso provvedimento, la stessa logica fosse spostata nel campo delle manifestazioni politiche o sindacali?
Per non parlare poi dell’introduzione del famigerato “arresto in flagranza differita”: un controsenso in termini, visto che già la parola stessa di flagranza significa che qualcuno è stato colto con le mani nel sacco. L’aggiunta della “differita” è solo un modo, molto contestato dagli stessi giuristi, per colpire gli stadi, con la traduzione immediata in carcere, e chissà domani chi altro.
Ma non è finita qui. Dopo la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, sull’onda mediatica dello sdegno costruito a tavolino per gli scontri tra catanesi e palermitani, abbiamo assistito a un inasprimento delle misure contro gli ultras. Vietate la maggior parte delle trasferte.
Vietati gli striscioni non ignifughi (!?). Vietata la vendita dei biglietti se non dietro presentazione di un documento. Chiusura dei settori ospiti (creando una pericolosa vicinanza nei settori “normali” tra tifosi di fede opposta).

“Si comincia a stabilire chi può entrare negli stadi. Domani lo si potrà fare coi concerti. E poi coi raduni di ogni altro tipo”

Praticamente si è sancito il principio che una minoranza di facinorosi può decidere per tutta l’Italia e che, forse, conviene avere un po’ di violenza da mettere in prima pagina per tenere buoni gli italiani e indurli a sollecitare maggiore sicurezza. Ci sarebbe da chiedersi se tutto questo ragionamento possa essere applicato all’esterno. L’equazione sarebbe semplice. Visto che davanti alle discoteche ci sono le risse o in autostrada ci sono gli ubriachi che fanno gli incidenti, perché non introdurre le autostrade e le discoteche “a porte chiuse”? Oggi, in ogni
stadio italiano, per esporre uno striscione c’è bisogno del via libera della procura tramite un fax mandato almeno due giorni prima della partita.
Oggi, non possono più entrare i materiali preparati per le coreografie. Oggi, gli stadi italiani stanno diventando sempre più grigi e silenziosi. Il controllo e la repressione senza distinzioni stanno distruggendo dalle fondamenta il tifo organizzato, con due gravi conseguenze: la scomparsa dei gruppi strutturati, favorendo così gruppetti di cani sciolti incontrollabili, e l’allontanamento dagli stadi di famiglie e bambini. Se per andare allo stadio con mio figlio devo subire una trafila da controlli anti-terrorismo, finisce che lascio perdere.
E anche le ultime notizie che ci arrivano sono tutt’altro che confortanti. Dopo i fatti di Bulgaria-Italia (e ci sarebbe da chiedersi quali “fatti”, visto che la maggior parte delle foto che sono arrivate da noi erano di tifosi bulgari e non di italiani, come detto dai media e dagli
imbarazzatissimi politici), il presidente della Figc Giancarlo Abete ha fatto sapere che non ci sarebbero più stati biglietti per le partite dell’Italia all’estero. Ma come? Se pure fosse confermata la versione ufficiale, bastano 144 (il numero dei biglietti venduti a Sofia) facinorosi per togliere a tutta l’Italia la possibilità di seguire i nostri azzurri?
Poi, la perla finale che avevamo anticipato sul numero scorso: la carta del tifoso. A cosa serve? È un sistema, spiegano dal Viminale, per “fidelizzare sempre più i tifosi ai loro club e, nello stesso tempo, per emarginare le frange più violente del tifo. Una specie di telepass che consente
l’ingresso agevolato negli stadi
”. Peccato che non dicano a chiare lettere cosa si nasconde dietro a tutto questo. Per avere la “tessera” io normale cittadino devo fare richiesta alla società che, però, deve chiedere il permesso alla questura del luogo. A decidere chi sono i buoni e chi sono i
cattivi, dunque, non sono le società sportive. È la polizia
. E se io sono già nella sua lista nera del Viminale, come faccio a uscirne?
Si comincia così. Si comincia a stabilire chi può entrare e chi non può entrare negli stadi. Domani lo si potrà fare coi concerti. E poi coi raduni di ogni altro tipo. E poi con gli spostamenti individuali. Vuoi andare da qualche parte? Chiedilo alla questura. Senti, preventivamente, se è d’accordo oppure no. O se è meglio che tu te ne resti a casa, in nome dei supremi interessi dell’ordine pubblico.

Quando l’aggregazione giovanile fa paura

I giovani, si sa, fanno sempre paura a ogni sistema di potere. Ragazzi erano quelli di Budapest che nel ’56 hanno sfidato l’Urss, come studenti erano quelli che nel ’68 hanno combattuto per la libertà di Praga. Il movimento del ’68, le lotte del ’77, gli universitari degli ’80, i figli del riflusso e poi successivamente della caduta del Muro di Berlino del 1989. Per non parlare poi delle avanguardie culturali e di pensiero, come nel lampante caso del Futurismo e dell’impresa di Fiume o in quello della rivoluzione cubana capeggiata da Fidel Castro e Ernesto “Che” Guevara. Anche oggi dai giovani (molte volte anche ultras) partono le rivolte: a Budapest contro il premier liberal-liberista Ferenc Gyurcsány, a Belfast contro l’occupante britannico, a Parigi nelle banlieue, a Gaza contro i carri armati israeliani. Il minimo comun denominatore di tutti questi avvenimenti è la gioventù dei partecipanti alla rivolta, alla lotta, alla guerra, alla guerriglia, alla rivoluzione.
Ci sono state alcune generazioni che hanno combattuto per qualcosa in cui credevano. Generazioni che sono cresciute forti, sane e mentalmente libere. Comunque sia, con lo sguardo rivolto al futuro, con la faccia rivolta all’insù. Storicamente, invece, le generazioni di mezzo sono sempre state quelle frustrate, che non avevano nulla per cui lottare. Magari cresciute
nella pace e nella prosperità, ma di contro vissute nella luce, indiretta, dei racconti dei fratelli maggiori. Generazioni senza un punto cardine su cui costruire la propria vita. Basti pensare ai tanti dopoguerra, ai post-rivoluzionari, a quelli che sono nati in una situazione totalmente
“normalizzata”. Rabbia, frustrazione e soprattutto poca consapevolezza del futuro, con la scomparsa di una visione libera e d’insieme.

“Lo Stato reprime, comprime le spinte giovanili, pretende di normalizzare tutte le situazioni anomale.”

Dalla fine degli anni ’50 (e forse anche da prima) ai giorni nostri, esiste un solo movimento di aggregazione giovanile che ha continuato a vivere, a passarsi il testimone, ad avere nuovi capi e a poter contare su migliaia di presenze. Il mondo ultras. Ogni domenica, dal calcio all’hockey su
ghiaccio, le gradinate di stadi e palazzetti dello sport vengono riempite da giovani. Ragazzi con i propri eccessi, ma fedeli alla propria tribù. Con i propri riti, le proprie battaglie, fatte di feriti e prigionieri, il proprio codice d’onore, fatto di regole non scritte. Certo, sono tribù che si affrontano a viso aperto e senza troppi problemi. Gruppi che canalizzano la propria rabbia, simulando una guerra che non c’è più, una rivoluzione ormai tramontata da decenni. Ma quello che più importa è che sono ragazzi che vivono di passione, attaccamento alla bandiera, amicizia, fedeltà. Giornate passate a pensare slogan e produrre coreografie (quando si potevano fare). Piani per colorare la propria seconda casa, la curva. Serate passate a ridere e scherzare con tanto di “reduci” che raccontano le battaglie del passato, del presente e del futuro. Certo, qualcuno inorridirà davanti ad affermazioni di questo tipo, ma soprattutto oggi, nella società basata sul consumismo e la lobotomizzazione televisiva dei cervelli, chi ha il germe della ribellione sta dalla parte giusta. Il problema, semmai, sarebbe incanalare sulla strada corretta e con qualche eccesso in meno forze così importanti.
Lo Stato non può che aver paura di tutto questo. E allora – invece di infondere nei più giovani la fiducia nelle Istituzioni, invece di mostrare loro la buona amministrazione della res publica, invece di far capire che alla fine le forze di polizia possono essere veramente amiche del cittadino – lo Stato reprime, comprime le spinte giovanili, pretende di normalizzare tutte le situazioni anomale. Quando non fa di peggio, ovviamente: come cercare di insabbiare l’uccisione senza motivo di un ragazzo che viaggia dentro una macchina in autostrada, omettendo di punire per direttissima il colpevole solo perché porta la divisa. Come si può chiedere a un ragazzo di avere fiducia nel sistema?


L’impressione è che, anche nel caso del popolo delle curve, si tenti solamente di destrutturare da cima a fondo l’aggregazione giovanile che potrebbe portare più consapevolezza e, quindi, più problemi. Meglio generazioni di ragazzi che si istupidiscono davanti a chat, social network,
spot televisivi, magari accompagnando il tutto con un po’ di droga. Saranno sicuramente più innocui, più facili da manipolare, da neutralizzare, da asservire alla logica di chi detiene il potere. Saranno i cittadini ideali di questo Stato per niente ideale





(Tommaso Della Longa, articolo tratto da ilribelle.com)

Boys 1977 vs Matarrese

fonte: .sportpeople.net

Riceviamo e pubblichiamo dagli amici dei Boys Parma un articolo su una loro azione ad un convegno in cui interveniva Antonio Matarrese.
In mezzo ad un mondo di giornalisti proni e ultras buoni alla contestazione solo amichevole e a parole, complimenti ad un gruppo che ancora ci mette la faccia, che si espone direttamente e che contrasta e mette in imbarazzo con misure concrete chi spadroneggia. Una in più di queste azioni ed uno striscione o un coro in meno aiuterebbero a dare più credibilità agli ultras, a far capire che nelle curve non ci sono solo scimmie urlatrici, ma anche teste pensanti capaci di mettere in crisi questo sistema repressivo.


Ieri mattina, presso l'Aula Magna della Facoltà di Economia di Parma in via Kennedy, s'è tenuto il Convegno "Giocare di squadra: il dirigente sportivo tra esperienza e futuro" finalizzato alla presentazione del "Master Internazionale in Strategia e Pianificazione delle Organizzazioni, degli Eventi e degli Impianti Sportivi". Tra gli intervenuti era presente Antonio Matarrese, attuale presidente della Lega Calcio.
Chiamare Antonio Matarrese a concorrere alla formazione dei dirigenti sportivi del futuro significa voler perpetuare nel tempo tutte quelle politiche speculative e repressive che hanno caratterizzato, e continuano a caratterizzare, la sua lunghissima carriera. Politiche che hanno impoverito il sistema calcio e tutto il Paese.
Un piccolo drappello di BOYS s'è recato al Convegno.
Lo spettacolo è stato veramente triste. I politici locali, gli imprenditori, i giornalisti, gli sportivi, gli opinionisti: tutti in ginocchio da Don Tonino. Nessuna critica, mille adulazioni, tanti sorrisi. Arriva il potente e anche qui, in quella che qualcuno crede sia un'isola felice, nella moderna e settentrionale Parma, siamo al "baciamo le mani sua eccellenza". Siamo a 780 chilometri da Bari, dove il potere dei Matarrese è di casa, opprimente e concreto, a 360°, con la sua cementizzazione folle che gli fa da tragico monumento. Ma anche qui il nome dei Matarrese conta, e allora giù, tutti a chinare la testa. "Tengo famiglia", "Tengo un lavoro". Il malcostume s'è fatto sistema e il lecchinaggio è diffuso.
Ma anche se tutti, noi no. Ancora una volta le uniche critiche ai potenti e ai loro progetti di speculazione e devastazione sono arrivate dai BOYS. Per trovare un po' di coraggio, un po' di altruismo, un po' d'onestà e un po' di dignità: ci vogliono gli ultras. Che sia per questo che ci vogliono eliminare?
L'intervento di Antonio Matarrese è stato patetico. Per una ventina di minuti ha cercato di conquistare il pubblico parlando con estrema semplicità, vantando umili origini, regalando sorrisi e battutine. Ha raccontato la sua carriera (al Bari Calcio, in Figc, in Lega Calcio, in Parlamento, in Fifa, ecc. ecc.) come se tutto fosse avvenuto per caso, con lui in balia dagli eventi. Si è finto umile, semplice, generoso ed altruista. Con questo atteggiamento, apparentemente confidenziale (non era un dialogo ma un monologo), ha mistificato fatti di corruzione in riferimento all'ultimo caso Calciopoli conosciuto, affermando che certe azioni sarebbero state fatte, semplicemente, per accontentare i tifosi. Una dimostrazione di cosa intende per "generosità" Matarrese.
Un nostro portavoce ha avuto la parola per qualche attimo ed è riuscito ad esprimere qualche nostro pensiero. Sì è criticata la decisione di chiamare Antonio Matarrese a concorrere alla formazione di nuovi dirigenti sportivi, essendo lui tra i principali responsabili (come presidente della Lega Calcio) della crisi del sistema, che attraverso speculazione e repressione ha svuotato gli stadi e li ha privati dei colori. Si è ricordato ai presenti e all'opinione pubblica (c'erano anche i giornalisti) la sua recente proposta di costruire celle negli stadi. Si è criticata la decisione di costruire nuovi impianti per fini speculativi (tant'è che non saranno impianti sportivi ma polifunzionali, tutt'altra cosa), esprimendo gravi preoccupazioni per i soggetti coinvolti (a partire, proprio, dallo stesso Matarrese) che potrebbero produrre tante nuove "Punta Perotti" (l'ecomostro costruito dai Matarrese a Bari e fatto abbattere con la dinamite dallo Stato).
Un silenzio totale è sceso nell'Aula Magna e Antonio Matarrese è sbiancato. Per alcuni secondi è rimasto senza parole, spiazzato da critiche che non pensava qualcuno avrebbe avuto l'onesta di fargli. Ha cercato di mantenere la calma, continuando la farsa, ma poi per un attimo ha perso il controllo, facendo uscire allo scoperto la sua vera personalità: arrogante e supponente. Quella che lo ha portato a definire una "porcata" l'abbattimento dell'ecomostro di Punta Perotti, quell'ammasso di cemento a due passi dal mare che (chissà perché...) l'amministrazione di Bari aveva autorizzato in sfregio alle leggi dello Stato. Perché Matarrese a Bari, vale forse più dello Stato. E forse anche qui.
Nel suo nervoso s'è dimenticato di fingersi umile e in riferimento all'abbattimento di Punta Perotti ha parlato di un danno ad una "dinastia". La sua dinastia, la casa regnante, quella dei Matarrese di Bari. Perché per lui, forse, Bari non è una città della Repubblica ma un feudo della sua famiglia.
Pochi attimi e ha ripreso il controllo, cercando di fingersi amicone pure di noi ultras... Il nostro portavoce gli ha chiesto di impegnarsi, allora, per la libertà di tifo. Ovviamente è stato evasivo. Sugli striscioni ha detto che sarebbe favorevole, dipende cosa c'è scritto su. La libertà d'espressione per Matarrese va bene, purché non sia contro lui, i suoi interessi, quelli dei suoi amici e della sua "dinastia".
Fuori del convegno abbiamo distribuito (a politici, giornalisti, invitati e studenti) un nostro volantino che ha riassunto qualche nostro pensiero: "Speculazione + Repressione = Stadi vuoti e senza colore. Nuovi impianti sportivi: quante nuove Punta Perotti? Un altro concetto di sport: Matarrese vattene".
Fuori dall'aula alcuni studenti sono venuti a farci i complimenti per l'intervento e a darci la mano. Tra loro c'era anche qualche ragazzo di Bari, che sa bene cosa significa "Matarrese". Gesti spontanei e disinteressati che abbiamo apprezzato.
I giornalisti locali erano presenti ma molti hanno preferito tacere la nostra protesta, ma soprattutto: le tante verità scomode che andrebbero raccontate, da chi ha il dovere deontologico di informare. Purtroppo tanti giornalisti preferiscono fare servizi sull'ipotesi di una "merendina rubata" (molto meno rischiosa) - e magari senza neppure ascoltare chi accusano - che trattare argomenti riguardanti imperi economici che promuovono politiche in contrasto con gli interessi della collettività.
PER UN CALCIO PULITO: UN CALCIO A MATARRESE!

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