Siamo stufi, arcistufi, di questo Stato di polizia. Che
non è quello delle intercettazioni telefoniche, come pretende
Berlusconi che ha la coscienza sporchissima, che sono perfettamente
legittime quando autorizzate dalla Magistratura, ma quello dove le
libertà più elementari sono osteggiate, conculcate, vietate, proibite,
scomunicate, tranne quella economica anche quando passa sul massacro
della popolazione (è “la libera intrapresa” a creare la disoccupazione,
oh yes, ma questo ve lo spiegherò in un’altra occasione) e,
ovviamente, quelle del Cavaliere che può corrompere testimoni in
giudizio, pagare mazzette ai finanzieri, consumare colossali evasioni
fiscali, avere decine di società “off shore”, precostituirsi “fondi
neri” impunemente perché, attraverso i suoi scherani, si fa cucire
leggi su misura che lo tengono fuori dai processi.
Non
bastassero già le leggi nazionali, dove sono sempre più feroci i limiti
imposti al consumo di alcol, al fumo, non solo a tutela dei soggetti
passivi ma anche di quelli attivi, alla prostituzione (da strada
naturalmente, quella delle escort e soprattutto dei loro importanti
clienti è immune), ora, dopo un altro demenziale decreto del ministro
Maroni, ci si sono messi anche i sindaci, in particolare leghisti, ma
non solo, a imporre i divieti più grotteschi e assurdi. A Verona è
proibito sbocconcellare un panino in strada, consumare alcol fuori dai
bar, bagnarsi nelle fontane, girare a torso nudo (il Mullah Omar era
più permissivo). A Vicenza ci sono multe salatissime (500 euro) “per
camper e roulotte che trasformano la sosta in un bivacco”. A Novara
sono vietate le passeggiate notturne nei parchi se si è più di due
(durante il fascismo ci volevano almeno cinque persone per considerarle
“radunata sediziosa”). A Eraclea (Sicilia) è proibito ai bambini
costruire castelli di sabbia in riva al mare. A Firenze, a Venezia, a
Trento e in altre città è vietato chiedere l’elemosina, cosa che non si
era mai vista prima (nemmeno nei “secoli bui” del Medioevo, anzi,
tantomeno nel Medioevo in cui si riteneva che il mendico, come il
matto, avesse, per dei suoi misteriosi canali, un rapporto privilegiato
con Dio) in nessuna società del mondo, eccezion fatta per l’Unione
Sovietica.
Adesso, sempre per iniziativa del solerte Maroni, è arrivata anche la “tessera del tifoso”.
È intollerabile che uno per andare a vedere una partita di calcio
debba chiedere la patente alla società. Una schedatura mascherata,
socialmente razzista perché imposta solo ai tifosi che vanno nel
“settore ospiti”, cioè dietro le porte e nelle curve, mentre chi può
pagarsi i “distinti” non subisce questa gogna. In realtà questa misura
illiberale va nel segno di una tendenza in atto da molti anni:
eliminare via via il calcio da stadio a favore di quello televisivo e
degli affari di Sky, Mediaset e compagnia cantante (con corollario di
moviola, labiali, giocatori scoperti in flagranti e sacrosante
bestemmie – robb de matt – e, da quest’anno, anche la profanazione del
tempio sacro dello spogliatoio). Ma chi conosce anche solo un poco il
“frubal”, come lo chiamava Gioann Brera ai tempi belli in cui tutte
queste stronzate non esistevano, sa che fra il calcio visto allo stadio
e quello visto in casa, in pantofole, fra una telefonata e l’altra e
magari sbaciucchiandosi con la fidanzata (orrore degli orrori, il
calcio è un rito che vuole una concentrazione esclusiva, non sono mai
andato allo stadio con una ragazza e fra Naomi e Ruud Van Nistelrooy –
doppietta allo Shalke 04 per inciso – non ho dubbi) non corre alcuna
parentela. Per vivere davvero la partita, per capirla, bisogna essere
allo stadio, vedere tutto il campo (ci sono centrocampisti che, se
guardi la partita in Tv, sembrano aver giocato male perché han toccato
pochi palloni e invece hanno giocato benissimo, di posizione) e non
solo quello che garba al cameraman.
Dal 1983 – introduzione
del terzo straniero – il calcio da stadio ha perso il 40% degli
spettatori. Quest’anno gli abbonamenti sono ulteriormente crollati del
20%. Molti tifosi hanno solidarizzato con gli ultras in rivolta e non
l’hanno rinnovato. E poi ci sono le ragioni, così efficacemente
spiegate da Roberto Stracca in un servizio sul Corriere (26/8) e che
hanno tutte la stessa origine: scoraggiare la gente dall’andare allo
stadio. “Anche chi non è ultrà – scrive Stracca – e non ha mai pensato
di esserlo, dopo biglietti nominali, necessità di un documento per un
bambino di 8 anni, odissee fantozziane nella burocrazia più ottusa per
una partita di pallone, non ne ha potuto più e ha finito per dire addio
allo stadio e aderire alla sempre più ricca offerta televisiva”.
Maroni, contestato violentemente da 500 ultras bergamaschi alla Festa
della Lega ad Alzano Lombardo, ha detto: “Dicono di essere dei tifosi,
ma non lo sono. Sono dei violenti”. E invece gli ultras sono gli ultimi,
veri, amanti del calcio.
Qualche anno fa, in una domenica
canicolare e patibolare di giugno, i demonizzatissimi ultras in
rappresentanza di 78 società, di A, di B, di C e delle serie minori,
diedero vita a Porta Romana, a Milano, davanti alla sede della Figc, a
una civilissima manifestazione al grido di “Ridateci il calcio di una
volta!” (cioè: numeri dall’uno all’undici, arbitro in giacchetta nera,
pochi stranieri, riscoperta dei vivai e, soprattutto, basta con
l’enfiagione economica che ha distrutto tutti i valori mitici, rituali,
simbolici, identitari, che ne hanno fatto la fortuna per un secolo, a
favore del business e che finirà, prima o poi, per farlo scoppiare come
la rana di Esopo). La notizia – mi pareva una notizia – passò sotto
silenzio. Persino la Gazzetta dello Sport dedicò all’avvenimento un box
di poche righe. Non bisognava disturbare il manovratore. Cioè gli
affari.
Due parole sulla “violenza” Ad Alzano Maroni ha detto
anche: “Io con i violenti non parlo”. E allora il primo cui non
dovrebbe rivolgere la parola è Umberto Bossi, il suo Capo. L’ineffabile
Maroni si è dimenticato che il leader del Carroccio, agli albori della
Lega, dichiarò: “Ho trecentomila leghisti pronti a estrarre la pistola
dalla fondina” (in realtà quelli, dalla fondina, possono estrarre al
massimo il loro cellulare), e in seguito: “andremo a prendere i
fascisti uno a uno, casa per casa”, e ancora, a proposito dei
magistrati, “bastano delle pallottole e una pallottola costa solo 300
lire”, e di recente ha anfanato di fucili e altre armi se non gli
concedevano non mi ricordo che cosa, parole che dette da un esponente
del Governo, sono ben più gravi delle quattro macchine date alle fiamme
durante la contestazione di Bergamo.
Io sto con gli ultras.
Anche quelli violenti di Bergamo. Perché mi paiono gli unici ad aver
voglia ed energia di rivolta in un Paese in cui i cittadini si fan
passare sopra ogni sorta di abusi, di soprusi e di autentiche violenze
sempre chinando la testa. Sudditi. Nient’altro che sudditi
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