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17 aprile 2005

Intervista ad ultras delle B.A.L. - Brigate Autonome Livornesi

M.D.ha 28 anni, lavora da un anno e mezzo in una delle tante acciaierie che hanno sede nel porto di Livorno e “come tutti i veri tifosi del Livorno” è iscritto alle B.A.L., brigate autonome livornesi, che raccoglie il cuore del tifo amaranto. Non ha voglia di parlare con i media dopo i fatti di domenica all’Olimpico, dove lui era presente insieme al fratello e a 4 amici, ma fa uno strappo alla regola per Violanetwork.

Ne viene fuori una “verità” vista dall’occhio del tifoso che non vuole avere l’ambizione di essere la cruda realtà ma delinea comunque alcuni contorni del tifo amaranto dopo i fatti dell’Olimpico e in vista del derby di domenica prossima.

Partiamo dal viaggio d’andata e dall’ingresso di voi tifosi del Livorno all’interno dell’Olimpico. Un inizio di giornata tranquillo?
"Il viaggio d’andata in treno già faceva presagire già come sarebbe andata la giornata. Partiamo dalla stazione con 35 minuti di ritardo e veniamo schedati dalla polizia che ci chiede nome, cognome e biglietto accalcandoci in scompartimenti da sei con all’interno invece in media dieci tifosi. Al nostro arrivo alla stazione di Roma non possiamo usufruire dei bagni pubblici e veniamo caricati sui pullman per lo stadio. Veniamo subito minacciati e vedo con i miei occhi angherie di alcuni poliziotti ad alcuni di noi, rei solo di essere restati indietro nel compattamento del gruppo".

All’ingresso dello stadio poi cosa accade?
"A me e ai miei amici non viene neanche controllato il biglietto, ma ci viene sequestrato uno zaino con dentro il pranzo e alcune riviste da distribuire allo stadio prima della partita. Ho saputo dello striscione sequestrato sulla commemorazione della strage della Moby Prince. Mi hanno raccontato alcuni tifosi che il sequestro è avvenuto urlando parolacce in faccia agli autori. Ormai non mi stupisco più di certe offese nei nostri riguardi da parte della polizia".

Nessun contatto con i tifosi laziali durante la partita?
"Per fortuna no, anche se abbiamo subìto almeno quattro cariche della polizia, una volta nel curvino per il nostro ricompattamento, e il lancio fitto di razzi nella ripresa da parte dei laziali in Curva sud".

Che effetto ti ha fatto vedere gli striscioni apparsi in curva nord e l’esposizione di simboli nazisti?
"Penso che ad uno del nostro gruppo è stata piegata la mano contro il braccio da parte di un poliziotto perché sventolava una bandiera della Cina popolare. Ho visto di peggio in questi anni come striscioni. Ormai viene concesso tutto anche se la costituzione vieterebbe certe cose".

A fine partita com’è avvenuto il deflusso dallo stadio?
"Aspettiamo le 18:30, anche se alcuni di noi avevano segnalato alla polizia che prima fossimo usciti, meglio sarebbe stato visto che molti erano esasperati e stanchi dal viaggio iniziato la mattina. Comunque la prolungata attesa nello stadio non serve perché veniamo letteralmente aggrediti da almeno 200 tifosi laziali nella zona del circolo del tennis mentre stiamo per riprendere il pullman. Proviamo a rispondere con quello che troviamo a terra e la polizia ci carica non facendo altrettanto con i tifosi laziali".

Ma perché l’aggressione alla stazione di San Pietro?

"Tutto il giorno sbeffeggiati dai tifosi avversari, derisi dalla polizia, insultati, privati delle minime esigenze, era evidente che ci potesse essere una ribellione. La polizia poteva evitare tutto questo, ma anzi con certe provocazioni sembrava non aspettare altro. Siamo stati ricontati e classificati anche prima del viaggio di ritorno e chi non rispondeva a tono aveva la sua".

Anche tu sei fra i 248 nuovi diffidati dallo stadio dopo gli incidenti di domenica, ma vale la pena fare quello che avete fatto e rinunciare a vedere il Livorno nelle prossime domeniche?

"Non mi pento di niente di ciò che ho fatto perché tifare Livorno è anche e soprattutto una difesa dei propri valori e del proprio credo politico. Quando vedo ragazzini di 16 anni minacciati con la forza e insultati non posso fare a meno di intervenire, costi quel che costi".

Quando sei tornato a casa?

"Sono stato interrogato io e altri tre dei miei amici con cui ero partito domenica notte, dopo un’attesa di oltre 4 ore, in piedi a Regina Coeli. Anche in questo caso evito di raccontare episodi che mi costerebbero solo ripercussioni... So solo che sono arrivato a casa alle 6,30 con uno dei pullman presi a noleggio da Cristiano Lucarelli".

Domenica cosa ti aspetti dalla curva livornese in risposta a questi episodi?
"Non mi aspetto niente. So solo che come sempre per difendere dei nostri diritti e delle idee io e tanti altri pagheremo delle conseguenze. Non so se contestare le forze dell’ordine o smettere di fare il tifo possa servire a qualcosa. Certo se mi ricapiterà di affrontare situazioni come quella di domenica non esiterò ad affrontare chiunque mi privi di sostenere Livorno e le mie idee politiche".

Un’ultima domanda: perché a tuo avviso è fallito il gemellaggio fra tifosi della Fiorentina e del Livorno?
"Negli incontri avuti recentemente con alcuni rappresentanti della curva Fiesole abbiamo spiegato il nostro tifo: prima la politica e l’appoggio ad alcune ideologie e poi anche il tifo allo stadio. I tifosi della Fiorentina hanno fatto orecchie da mercante. E tutto è finito lì".

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